Articoli recenti

K.I.T.S.CH – Karaoke is the supreme Challenge

DANCERS IN QUARANTINE

 

Concept and Choregraphy: Camilla Giani
Performer: Chiara Casiraghi
Lighting design: Gabriele Termine
External look: Francesca Foscarini/Cosimo Lopalco
Produced by: Compagnia degli Istanti

With the support of Murate Art District Lenght: 45 min.

 

Sono molto attratta dalla dinamica del Karaoke, nella quale performers e spettatori collaborano, creando una collettività che partecipa ad una funzione archetipica e rituale della performance.

 

Karaoke – dal giapponese orchestra vuota – è un atto liberatorio che per imitazione permette di lasciarsi attraversare, come un contenitore vuoto, dal flusso performativo associato ad un idolo.

Lo show, inteso come atto tribale di trascinamento e liberazione, viene astratto e snaturato, facendo emergere la struttura rituale che lo sostiene. L’eccesso ridotto a essenza. Il corpo di colui che agisce questo rito diventa contenitore vuoto e sacro, che si trasforma assorbendo l’archetipo dell’idolo, etimologicamente inteso, per portarlo ad esprimere parti ignote che possano venire alla luce attraverso la mimesi, nel tentativo fallito del raggiungimento di una condizione altra.

Considerando il karaoke come una forma di rito ancestrale, abbiamo esplorato la grammatica e la sintassi del linguaggio rituale. Attraverso questa grammatica, l’azione rituale marca una differenza nel normale flusso del tempo e svela nel quotidiano la possibilità del cambiamento; è un’azione che tende a trascendere le circostanze e le contingenze, trasfigurando l’esperienza ordinaria per renderla parte di una narrazione preesistente, sovraordinata, più antica e profonda. Richiede quindi perseveranza, sforzo e una certa dose di coraggio.

Vi sono tre elementi che costituiscono la norma di qualsiasi azione rituale: il corpo, il simbolo e la ripetizione.
Il primo elemento, il corpo, è la nostra fisicità nello spazio intesa come insieme di posizioni, gesti e suoni, voce inclusa. Questa fisicità, accompagnata da un senso che va oltre alla sua concretezza, introduce l’elemento del simbolo che ci consente, attraverso alla sua ripetizione, di ricollegarci a spazi e tempi di dimensioni altre rispetto all’ordinario.

Ognuno dei tre elementi è indispensabile all’altro, così ad esempio, ripetizione e simbolo, a nulla valgono senza l’azione: «Non è a partire da un aldilà che la divinità opera nel foro interiore dell’uomo, o nella sua anima, misteriosamente unita ad essa. Essa è tutt’uno col mondo. Essa si para dinanzi all’uomo a partire dalle cose del mondo, quando egli è in cammino e partecipa al fermento vitale del mondo. L’uomo fa l’esperienza del divino non attraverso un ripiegamento su di sé, bensì attraverso un movimento verso l’esterno» ( W. F. Otto, Le Dieux de la Grèce, Payot, Paris 1981)

Questa struttura archetipica è diventata la base sulla quale costruire il linguaggio di questa performance, individuando quello che per noi era il simbolo da utlizzare durante questo rituale, e andando a lavorare sul corpo e la ripetizione.

 

https://youtu.be/YlMwtdciFVs